Collezione Burri ex Seccatoi del Tabacco

Per molti l’associazione più spontanea è Burri/il Grande Cretto, impressionante opera di land art a Gibellina. E invece l’artista, nella sua città natale, ha lasciato un’enorme eredità, andando ad occupare, con le sue opere fuori formato, degli ex capannoni che fungevano da essiccatoi per il tabacco sub-tropicale.

Nella prima periferia di Città di Castello tra il 1958 e il 1965 la Fattoria Autonoma Tabacchi fece costruire 11 capannoni dalle notevoli dimensioni per la lavorazione del tabacco sub-tropicale, soprattutto del Sumatra. La lavorazione del tabacco sub-tropicale richiedeva, infatti, particolari condizioni di riscaldamento e ventilazione ottenute anche grazie alle dimensioni degli ambienti interni realizzati con un’altezza utile di 14 metri.

 Le strutture vennero dismesse negli anni Settanta, quando la coltura non fu più remunerativa, e Alberto Burri nel 1976 ottenne la concessione di un primo capannone come laboratorio per la realizzazione di opere di grande formato.

Alla fine degli anni Ottanta la Fondazione Palazzo Albizzini decise di acquistare l’intero complesso avviando i lavori per la sua trasformazione in polo museale. L’intervento di rifunzionalizzazione ha mantenuto le caratteristiche delle vaste strutture industriali che ben si adattavano alle esigenze espositive delle grandi opere dell’artista. Un progetto strettamente conservativo ma con una forte caratterizzazione ottenuta con la colorazione nera di tutte le pareti esterne, pretesa dallo stesso Burri come segno distintivo della sua poetica.

Il complesso ospita 128 opere di grandi dimensioni e copre un’area di 7.500 metri quadrati, per 1.250 metri lineari di pareti, il più esteso Museo d'Artista al mondo e uno dei più importanti luoghi del contemporaneo in Europa.

Photo credit: Michela Biancardi