Da una consolidata tradizione orale, si tramanda che l'arte vetraria di Altare venne introdotta da una comunità di monaci benedettini, i quali, appurate le condizioni idonee del territorio, decisero di chiamare degli esperti artigiani provenienti dal nord della Francia; l'ubicazione geografica del borgo, posizionato in una zona rurale ad alta densità boschiva, la presenza di formazioni di quarzite e la vicinanza del porto di Savona, rappresentavano nel complesso condizioni favorevoli ad uno sviluppo importante dell'attività.
Dati archivistici testimonierebbero però quanto segue: "Sull'isolotto di Bergeggi (Insula Liguriae), presso la chiesetta voluta dalla devozione popolare sul sepolcro di Sant'Eugenio, il vescovo di Savona Bernardo, nel 992, fece costruire un cenobio dai monaci benedettini donandolo all'abbazia di sant'Onorato di Lerino (Isole provenzali oggi Lérins). L'insediamento benedettino ad Altare va pertanto inquadrato storicamente in tale contesto."
Successivamente, e precisamente dal 1200, si hanno notizie inerenti a migrazioni di famiglie specializzate in lavorazione del vetro verso i paesi del nord Europa, in particolare in Inghilterra e Normandia, e questo dato fa supporre un grande fermento locale in fatto di richiesta di maestranze, data evidentemente l'importanza e la notorietà acquisita dal borgo valbormidese.
Il nome di Altare, infatti, dal Medioevo al primo Novecento, è stato sulla bocca di tutti grazie alla bravura dei suoi artigiani dediti alla produzione di vetri dal grande valore artistico, un bene che ha reso questo centro della provincia di Savona illustre in tutta Europa.
L’attività vetraria di Altare venne regolamentata nel 1495 dagli Statuti dell'Università del Vetro rimasti in vigore fino al 1823. Nel 1856 tutti i laboratori di Altare si unirono nella Società artistico vetraria (S.A.V.), prima cooperativa di produzione industriale italiana. Il XX secolo portò un declino delle attività (la cooperativa fallì nel 1978), che, però, negli ultimi anni hanno avuto un forte ritorno di interesse.
Tra i molti oggetti d'utilizzo quotidiano della produzione in vetro trasparente di Altare spiccano bottiglie, caraffe, piatti, bicchieri, zuppiere, candelabri, oliere, contenitori di vario genere e destinati agli usi più diversi, tutti contraddistinti da una grande capacità tecnica unita a creatività, fantasia e accuratezza esecutiva.
I maestri vetrai altaresi si fecero divulgatori in Europa e presso le corti nobiliari di uno stile innovativo, "à la façon d'Altare" e rifletterono gli orientamenti e i gusti culturali dell’epoca: abbandonate le finalità puramente funzionali e di utilità del prodotto si tendeva verso una direzione di maggiore plasticità compositiva e di creazione artistica con stimolanti apporti ideativi di spiccata originalità.
Discorso a parte, invece, meritano i vetri artistici altaresi, frutto dell'estro e dell'abilità di alcuni veri artisti del vetro capaci di creare pezzi unici di inestimabile valore come ben documenta il patrimonio di oggetti raccolti nell'interessante Museo del Vetro di Altare.
Photo credit: Lidia Giusto
La nascita della tradizione vetraria nel piccolo borgo ligure della Val Bormida